“Quale lavoro?”

Campagna nazionale per la cittadinanza 2016/2017

“Quale lavoro?”

La società giapponese Spread, con sede a Kyoto, ha dichiarato che lancerà entro il 2017 la prima azienda agricola, la Vegetable Factory, in cui i robot svolgeranno tutte le operazioni, dall’irrigazione al trapianto, alla raccolta;  Amazon, ed altri colossi della new economy, hanno già da tempo automatizzato la gran parte della loro “produzione”, allargando la forbice tra profitto e persone impiegate.

In Italia circa 430.000 persone lavorano sfruttante dai caporali, ovvero 30/50.000 in più rispetto allo scorso anno, dei quali più di 100.000 in condizione di grave sfruttamento e vulnerabilità: pensiamo a Vittoria, a Canelli, a Carmagnola, a Rosarno, a Mineo, a Prato. Italiani, rumeni, albanesi, macedoni, marocchini, egiziani, senegalesi; regolari, irregolari, comunitari, extracomunitari, rifugiati, richiedenti asilo, adulti e minori. Questa è la realtà sommersa, ma visibile per chi vuole guardare, di una parte del lavoro in Italia, soprattutto quello agricolo e manifatturiero.

La crisi economica non è finita, la ripresa stenta e a pagarne le conseguenze sono i posti di lavoro ovvero le possibilità di futuro: i giovani disoccupati italiani sono circa il 38%, la media europea si aggira intorno al 22%. Molti sognano di andarsene e molti lo hanno già fatto, spesso per non tornare  più indietro.

Ripartiamo dall’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Il lavoro è quindi il fondamento sociale del nostro stare insieme, e tutti coloro che lavorano sono al centro della vita politica, economica e sociale del Paese. Ma di quale lavoro possiamo parlare oggi, nel 2016, in un Mondo che non ha mantenuto le promesse di equità della globalizzazione, che sembra aver soltanto bisogno di robot rapidi ed efficienti, oppure di schiavi disposti ad abbattere i costi di produzione?

In mezzo ci siamo noi tutti, che stiamo cercando di costruire un futuro dignitoso e libero.  Che cosa significa “lavoro” per noi? Quale peso gli diamo in relazione alla nostra dignità e alla nostra felicità? Cosa conosciamo delle leggi in materia di lavoro? E delle alternative possibili che si stanno già sperimentando per uscire dalla crisi, senza farsi abbattere dalla depressione delle aspettative non appagate? Abbiamo bisogno di confrontarci, di riflettere e di conoscere, di vivere esperienze in prima persona, usando il lavoro come leva per parlare di noi stessi, del nostro stare insieme, di un futuro possibile e felice.

…il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva e non giovi a un nobile scopo”
Adriano Olivetti